Non solo colpa della Pubblica amministrazione italiana che non riesce a gestire le emergenze ne a pianificarle. Il black-out in Abruzzo è anche e sopratutto figlio di una cultura del ”No”, che dal 2011 ha causato all’Italia una perdita di circa 40 miliardi l’anno per un totale di 474 miliardi di investimenti, di cui ben 220 nel settore infrastrutturale e 110 in quello energetico. Dal 2012 l’Abruzzo è tra le prime regioni italiane che contestano di più, come testimonia un monitoraggio del Nimby forum del 2004 che pone la regione subito dopo quelle industriali del nord. Un’ostilità cronica che ha toccato il picco più alto con il fenomeno No Triv.
In Precedenza le associazioni ambientaliste si erano opposte alla realizzazione di infrastrutture energetiche di Terna (Trasmissione elettrica rete nazionale) fondamentali per dare all’aera della Val di Sangro la produzione necessaria di energia. Stesso destino per il cavidotto che avrebbe unito Italia e Montenegro e il potenziamento della rete dorsale adriatica Ancona-Foggia fino al no alle trivelle, che all’Abruzzo è costato ben 2 mila e 500 posti di lavoro.
Questa lunga sfilza di opposizioni ha creato la strada che ha portato all’attuale situazione di grave disagio e oggi, dopo le eccezionali condizioni climatiche dei giorni scorsi, chi si è sempre opposto chiede il perchè dei mancati investimenti da parte delle istituzioni.
(Fonte:Il Foglio; Non solo neve, il black out in Abruzzo è figlio della cultura del No; 02-02-2017; Pagina 3)
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