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Si devono a Sabino Cassese parole definitive, forse, sul Mezzogiorno come questione aperta. Anzi come problema che si trascina frenando la ripresa italiana. Il giudice emerito della Corte costituzionale ne parla con rara capacità di sintesi in una recensione del libro, “La questione meridionale in breve” di Guido Pescosolido (Donzelli).

Il ragionamento ospitato sul Corriere della Sera (6 settembre 2017, pagina 33) si svolge partendo da un assunto e cioè che non c’è una sola questione meridionale rimasta immutata nei centocinquanta anni dall’Unificazione. Prescindendo che sotto questo nome passano le analisi che tanti (da Salvemini a Nitti, da Gramsci a Giustino Fortunato) hanno dedicato a vari aspetti problematici del mancato sviluppo, volendo focalizzare la componente economica, dobbiamo dire che anche questa si presenta con tratti mutevoli nel corso del tempo. Essa si presenta infatti in termini sempre diversi nel corso di centocinquant’anni. Seguiamone le tappe con l’aiuto di Cassese:

  • Al tempo dell’Unificazione l’Italia tutta era un Paese arretrato. Anzi due aree a diverso livello di arretratezza. La diversità era più di carattere sociale e istituzionale che di carattere economico-industriale.
  • Fino al 1880 il divario non cresce. Anche se nello Stato unitario, il Sud soffre a causa della concorrenza estera (dovuta al libero scambio), dell’accresciuto carico fiscale e del brigantaggio.
  • Nel 1887 l’introduzione della tariffa protezionistica fa allargare il divario tra Nord, dove l’industria cresce, e Sud, che rimane agricolo.
  • Nasce il divario economico e sociale che diviene la componente più importante della questione meridionale, un ritardo al quale si cerca di porre rimedio con le leggi speciali per il Sud ma che continua fino alla Seconda guerra mondiale.
  • A partire dal 1950, riforma agraria, ma specialmente Cassa per il Mezzogiorno e intervento delle partecipazioni statali fanno diminuire il divario Sud-Nord
  • 1970: Con la nascita delle Regioni il quadro cambia completamente.
  • Nel 1973 il divario si allarga.
  • Nel 1998 esso ritorna ai livelli degli anni Cinquanta

 

Il resto è storia recente. Guido Pescosolido sostiene che dopo il “micidiale tracollo meridionale del 2008-2014, il divario Nord-Sud resta di gran lunga il più consistente dell’Occidente”. E aggiunge: “Solo negli ultimi due anni e mezzo sembra che qualcosa possa cambiare”.