L’espansione del Pil comincia a scendere mentre i rischi stanno aumentando; il centro fondamentale dell’eurozona riduce il Pil, L’Italia si ritrova in coda mentre la divaricazione tra Nord e Sud si avvita su se stessa. A questi argomenti è dedicato il testo che segue, a firma dell’economista Massimo Lo Cicero, componente del Comitato scientifico della Fondazione Matching Energies. L’articolo è stat pubblicato sul blog di Rubbettino editore e sul Corriere del Mezzogiorno.
Christine Lagarde, direttore del Fondo monetario internazionale, il 18 luglio ha indicato uno spostamento preoccupante sulla scena globale del pianeta. Lagarde si presenta con una metafora: «Claude Monet diceva: ho lavorato senza fermarmi, perché la marea in questo momento è proprio quello di cui ho bisogno».
Questa settimana il Gruppo dei Venti ministri delle finanze si riunisce sulle rive del Rio de la Plata a Buenos Aires in vista del G20. E deve far fronte ai cambiamenti che da aprile a oggi questa marea del mondo globale sta manifestando. Il Fondo Monetario indica tre direzioni molto divaricate tra loro: dal 2017 al 2019 la velocità della crescita sta diventando notevole, mercati emergenti ed economie che sviluppano processi e tecnologie; mentre le così dette economie avanzate ripiegano su se stesse. Il mondo, complessivamente, è partito nel 2017 con il 3,7% e resta orizzontale nella media del futuro prossimo, il 3,9% fino al 2019. Si tratta di una media, ma il Fondo Monetario ha trasformato la marea di aprile, ed indica, invece, solo tre mesi dopo, una strana divisione triangolare di nazioni ed economie.
Ci sono tre aree principali dove si possono fare progressi: commercio globale, vulnerabilità dei mercati emergenti e impatto della tecnologia sui posti di lavoro. Bisognerebbe raccogliere i vantaggi della marea che cresce prima che quella marea, evocata da Monet, possa cambiare.
Sarà un sistema fragile e suscettibile alle tempeste oppure una solida base economica, affidabile come una roccia? La risposta è semplice.
Le proiezioni del 2018 e del 2019 sono diverse dal tracciato orizzontale del pil globale (3,9%) ma si possono osservare tre gruppi di Nazioni. Le economie avanzate sono declinanti verso il 2019. Gli Usa dal 2,9% scendono al 2,7%. Scende Euro Area dal 2,2% ad 1,9% ma scendono in ordine sparso Spagna, Germania, Francia, Canada, UK, Giappone, Italia. Le altre Economie Avanzate, oltre il nucleo duro, si orientano sul 2,7% nel 2019. Le economie emergenti sono sul 5,1% e sono Emerging Asia, India, China, Asean -5. Negli Stati Uniti, lo slancio a breve termine si sta rafforzando in linea ed il dollaro Usa si è apprezzato del 5% nelle ultime settimane. Ma le proiezioni di crescita sono state riviste al ribasso per l’area dell’euro, il Giappone e il Regno Unito, riflettendo sorprese negative all’inizio del 2018 ed ora anche di più alla sua fine. Tra le economie emergenti in via di sviluppo, anche le prospettive di crescita stanno diventando più disomogenee: prezzi rischiosi, crescenti tensioni commerciali, pressioni del mercato, fondamentali più deboli. La crescita è stata ridimensionata per Argentina, Brasile ed India, mentre le prospettive per alcuni esportatori di petrolio si sono rafforzate.
In Italia la soluzione dei problemi è ancora troppo fragile per trovare percorsi adeguati alle terapie del Fondo monetario internazionale . Nonostante tre mesi di rodaggio non si riesce ancora a capire come possano essere articolati tra loro Parlamento e Governo. Come si possano valutare le dimensioni e le capacità di affrontare il Mediterraneo alla scala globale. Ed ancora la necessità di trovare strategie e progetti per i migranti e riportare equilibri adeguati al sistema; uno sforzo per allargare la produttività e la dimensione delle imprese italiane; proporre una nuova architettura finanziaria e bancaria; costruire progetti per ridurre il debito pubblico e controllare e semplificare le questioni fiscali; trasformare adeguatamente il mercato del lavoro; avviare processi di sviluppo per il turismo ed i beni culturali del nostro paese; allargare esportazioni ed importazioni per raggiungere risultati globali e non parziali; allargare le possibilità per le scuole, le università e le organizzazioni di ricerca, riordinare e sviluppare il settore pubblico.
Non possiamo certamente allineare le nostre precarie capacità alle dimensioni del sistema globale nel suo complesso. Ci serve, tuttavia, una doppia saldatura per essere ancora considerati come una nazione che sia capace di agire alla scala del mondo globale. Da una parte abbiamo un terzo del paese che non riesce a crescere; ma cerca di trovare incentivi e viene appesantito da un mercato del lavoro che si proietta nel centro nord; inoltre trova margini di lavoro nero, e di arretramento, in molte parti del Mezzogiorno.
Tuttavia, seppure in termini abbastanza asimmetrici, tra Nord e Sud, si propongono imprenditori che innovano le proprie imprese e che fanno crescere nuove generazioni e nuove capacità economiche e finanziarie. Bisogna cogliere opportunità possibili e lasciare andare le questioni impossibili. Ma si possono ribaltare in nuovi modi anche le questioni impossibili. La divaricazione tra Nord e Sud – la doppia saldatura che abbiamo indicato – deve trovare nuove soluzioni. Come il Fondo Monetario ha indicato i modi ed i tempi, di una trasformazione di tipo globale, così dovrebbe crearsi un processo che, finalmente, possa lasciare una identificazione adeguata ad una Italia che debba raccogliere le opportunità, di cui abbiamo appena detto, ma debba anche ritrovare la voglia e la forza di una nuova scommessa nazionale.
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