Scarsi risultati produce la guerra alle emissioni, che per paradosso tornano ad aumentare appena superato un periodo critico per l’economia occidentale. E’ l’incipit di una riflessione di Chicco Testa pubblicata sul Mattino del 18 gennaio 2018 (pagine 1-43). Anzi, riprendendo il dato da una recente analisi di Romano Prodi (sempre sul Mattino), a conferma del suo scetticismo l’ex presidente dell’Enel ricorda che nel mondo ci sono progetti per la costruzione di 1.964 centrali a carbone. Per non parlare della Germania, che al posto del nucleare invece del gas ha scelto la lignite. Ma se gli “accordi internazionali valgono quel che valgono” come si fa a condurre una proficua battaglia contro il cambiamento climatico? Dove sta allora la soluzione? Intanto nel riconoscere la realtà dei numeri:
• I combustibili fossili contribuivano 30 anni fa al 81% del fabbisogno energetico mondiale.
• Oggi la percentuale è esattamente la stessa, con i consumi aumentati di più del 70%.
• I combustibili non fossili pesano per meno del 5%, idroelettrico compreso.
• Il resto è un altro povero 5% di energia nucleare, l’unica fonte energetica «potente e continua» priva di emissioni.
• E ancora: un 10% di biomasse.
Testa rileva che fonti rinnovabili “hanno assorbito quantità gigantesche di incentivi (40/50 miliardi anno solo in Europa!) con modesti contributi alla riduzione di CO2… In Italia gli incentivi al solare ci costano circa miliardi anno e il contributo dato alla riduzione di CO2 si aggira intorno ai 10 milioni di tonnellate anno, con un costo medio di 700 euro a tonnellata”.
Ma c’è qualcosa che possiamo fare, in attesa del salto tecnologico che rimetta il modo sui binari di una crescita sostenibile?
C’è l’opzione dell’efficienza energetica, continua Testa, tenendo conto che, ad esempio, se tutti gli impianti termoelettrici del mondo migliorassero i loro rendimento dell’ 1% risparmieremmo quanti enormi di combustibile e quindi di emissioni.
E afferma che “una grande parte di energia viene sprecata per la mancanza di informazioni corrette sui reali bisogni”.
La rivoluzione digitale può consentire grandi progressi nell’ottimizzazione dei flussi energetici in ogni ambito: lavoro, casa, trasporti. “Bisogna infine domandarsi seriamente – conclude il cofondatore di Legambiente – non quale sia la tecnologia più sexy e alla moda, ma quale quella in grado di ridurre la CO2 al minor costo e nel modo più efficiente”.
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